(dal libro “NOI DELLA PUBBLICA” – 40 Anni di storia della Croce Verde Fornovese a cura di Ilaria Bertucci e Fabiana Viani)

LA NASCITA E LA FONDAZIONE DELLA CROCE VERDE FORNOVESE

Sono passati ormai quarant’anni e i ricordi dei primi testimoni ci guidano nella ricostruzione della storia della Croce Verde fornovese. Interrogando i militi di un tempo difficilmente si ricavano delle definizioni, ma si avverte, nel loro modo di ripercorrere le prime tappe della Pubblica Assistenza, il senso di dedizione e impegno che animava il loro agire.
“Per raccontare la storia della Croce Verde fornovese è necessario partire dal Pronto Soccorso Avis”. È Giovanni Gnocchi, uno dei fondatori e per diversi anni segretario, poi presidente di questa associazione, a riportarci con la mente all’anno 1966, momento in cui l’A.V.I.S., attraverso la sua costituzione, favorì la nascita del cosiddetto “Pronto Soccorso Avis”. Il 7 gennaio di quell’anno, infatti, questo servizio ausiliario venne promosso da un comitato fondatore presieduto dal sindaco Anselmo Tanzi e dal cappellano don Giuseppe Ranieri. “Sapere quanti fossimo all’inizio – continua Giovanni Gnocchi – è complesso, in quanto gli allora militi erano anche donatori del sangue, forse il numero si aggirava attorno alle venti – trenta persone. Furono questi a dare inizio a quella che pochi mesi dopo sarebbe diventata l’Assistenza Pubblica – Croce Verde”. Fu poi l’intervento dell’A.V.I.S. provinciale, che riteneva questo servizio estraneo al proprio statuto, a portare alla divisione delle due competenze.

Il 16 dicembre 1966, di fronte al notaio Enzo Ceci Neva, nell’allora sede dell’Assistenza Pubblica di Fornovo Taro, in via Nazionale 45, Mario Araldi, Pio Cavellini, Luigi Gabelli, Bruno Guareschi, Franco Pesci, Mario Pometti e Renato Varesi si riunirono per ufficializzare quanto già era stato istituito formalmente. “È costituita tra i presenti e tra coloro che in seguito vi faranno adesione a norma dello Statuto Sociale un’Associazione non avente finalità di lucro, denominata Assistenza Pubblica – Croce Verde, con sede in Fornovo di Taro (…), avente durata a tempo indeterminato.” L’atto di fondazione fu a sua volta registrato dal Procuratore il 5 gennaio 1967. “I firmatari in realtà – come ricorda Giovanni Gnocchi – erano solo una parte del gruppo dei costituenti, che avevano deciso di dare inizio a questa esperienza e che, con la loro presenza, rappresentarono anche coloro che non poterono parteciparvi”. In questo modo nasceva la quarta Pubblica Assistenza della provincia, dopo quelle di Parma, Colorno e Noceto.
La sede di via Nazionale, la prima nella storia dell’associazione, in realtà era poco più che una stanza, allora non esisteva l’ambulatorio mentre, parcheggiata davanti all’ingresso, c’era la storica autolettiga Volkswagen 1300. “Ricordo che ero andato io a ritirarla da Baistrocchi – racconta Renato Varesi, uno dei militi fondatori – e l’intestatario era uno di noi, come accadeva nei primi anni di vita dell’associazione. Anche il primo viaggio l’ho fatto io, ci ho pensato tante volte, ma non ricordo chi ho trasportato. All’inizio facevamo solo trasporti d’emergenza, e pochissimi per visite specialistiche. Allora la gente, infatti, non aveva ancora la mentalità e associava l’ambulanza a qualcosa di grave, oggi invece si ha più familiarità con questo servizio”.

Tra i compiti di cui i militi si facevano carico all’epoca c’era anche il tesseramento. “A proposito dei fondi per la sede – aggiunge Renato Varesi – si viveva alla giornata. Abbiamo passato dei periodi in cui non c’erano i soldi per pagare niente, a volte neanche l’affitto della sede. Il primo tesseramento aveva come importo forse 2 mila o 5 mila lire. Allora c’erano forti dubbi tra la popolazione e quando i militi andavano porta a porta c’era gente che ti apriva ed era solidale, mentre molti ti chiudevano la porta in faccia. Ricordo che a Varano Melegari abbiamo fatto per alcune domeniche il tesseramento in piazza e la risposta fu soddisfacente”. Anche Enrico Coppi, milite e più volte presidente dell’A.P., che svolgeva questo compito nel territorio di Oriano e Rubbiano, dice: “L’ho fatto anch’io nella mia zona, poi non ci sono più voluto andare. Bastava infatti solo una persona che ti dicesse di no per demotivarti”.
La situazione si è poi evoluta, come sostiene Renato Varesi e, in poco tempo, quando l’associazione prese una fisionomia più definita “le persone iniziarono ad avere più fiducia, il tesseramento divenne più facile e si decise di garantire a chi diventava socio il primo viaggio gratuito”.
Agli inizi, un altro modo per reperire risorse economiche, ricorda il milite Giuseppe Tanzi, era quello di andare il sabato e la domenica a raccogliere la carta presso le abitazioni, per consegnarla alla cartiera di Viazzano e incrementare in questo modo le entrate dell’associazione. Questo servizio è proseguito per diversi anni, tanto che per molti divenne una consuetudine usufruirne.

1966. Volkswagen 1300, la prima autolettiga davanti alla sede di Via Nazionale.

Il primo regolamento, tra le altre cose, inizia a disciplinare anche la compilazione del verbale di servizio, come si legge nell’art. 52: “il Verbale di Servizio dovrà contenere i seguenti estremi: la data, l’ora di partenza e quella di arrivo; il numero dell’autoambulanza ed il nome del conducente; il nome e cognome dell’infermo trasportato; il luogo di prelievo e quello di destinazione, il carattere dell’infermità; i km percorsi dall’autoambulanza, l’importo ricevuto per il trasporto, e l’oblazione destinata al Fondo Militi. (…)”, poiché come precisa l’art. 42 “è severamente vietato ricevere compensi personali per i servizi prestati. Le mance percepite dovranno essere versate all’ufficio e devolute al Fondo Militi”.
Anche i turni di servizio ricevono una regolamentazione a partire dal 1969. L’art. 37 recita: “il servizio si svolge continuamente sia di giorno che di notte e viene svolto mediante turni fissi e volontari. I turni fissi consistono nell’effettuare un turno di servizio di 5 o 7 o 4 ore rispettivamente ogni 7 giorni in date prestabilite. I turni volontari consistono nell’effettuare un turno di 4 ore ogni settimana in giornate non prestabilite. Il Comandante ha la facoltà di destinare il graduato e il milite sia al turno fisso che al turno volontario secondo le esigenze del servizio e le disponibilità del socio attivo”.
Con il passare degli anni anche il regolamento si adeguerà ai tempi e alle nuove esigenze dell’associazione, apportando alcune modifiche, ad esempio all’età minima richiesta per l’iscrizione, ai turni di servizio e alle divise.

 

GLI ANNI SETTANTA
LE PRIME SIGNIFICATIVE TRASFORMAZIONI
I primi anni sono ricordati nella memoria di tutti come anni di impegno e di sacrifici, spesi per far crescere e conoscere l’associazione nel territorio, fino ad arrivare, all’inizio degli Anni Settanta, al primo trasferimento di sede all’angolo tra via Marconi e via Martiri della Libertà. A raccontarci di questo periodo è Pio Cavellini, milite che aveva la sua abitazione nella casa attigua e che si era reso disponibile ad attivare il primo servizio di recapito notturno: “il servizio di assistenza era garantito nelle ore diurne, mentre a mezzanotte abbassavamo una levetta che trasferiva le chiamate in casa mia. I tempi di intervento di notte erano poi legati al fatto che chi era reperibile doveva trovare l’altro milite. Poi ci si incontrava per strada e, siccome non c’era il medico, dovevamo unicamente occuparci del trasporto. Ma i viaggi erano sporadici, forse neanche uno al giorno. Poi sono iniziati ad aumentare pian piano. In quel periodo inoltre c’era sempre bisogno di militi, perché difficilmente si aveva qualcuno disposto a coprire l’intera giornata” . Il reclutamento, come sostengono molti, è sempre stato un problema, nei primi anni funzionava il passaparola, era l’amico che chiamava l’amico, “all’inizio – ricorda Renato Varesi – c’erano anche alcune donne in associazione, mentre il numero dei militi era variabile, quando eravamo in trenta andava già bene.”

Sono ancora lontani i tempi in cui alla preparazione dei militi verranno dedicati appositi corsi, divenuti nel tempo necessari per migliorare la qualità dell’intervento e per accrescere la sicurezza dei volontari. L’esigenza principale, nei primi anni, era invece quella di reperire nuove adesioni, senza pretendere un alto livello di preparazione, cosicché l’unica formazione era quella fornita dall’incontro sporadico con alcuni medici. A questo proposito, come ricorda il milite Arnaldo Bazzani, presente nell’associazione da quasi quarant’anni, “una volta il nostro compito era caricare e correre!”. A proposito dell’istruzione dei militi si legge nel regolamento del 1969 che “ogni anno il Direttore Sanitario, avvalendosi di Istruttori di propria fiducia, terrà un corso teorico pratico di pronto soccorso per i soci attivi” e ancora “al corso annuale devono intervenire tutti i graduati e i militi; la partecipazione è obbligatoria per gli aspiranti militi. Al termine del corso gli aspiranti militi sosterranno un esame per ottenere l’abilitazione al pronto soccorso in seno all’Assistenza Pubblica ed il passaggio a milite”.
Le incertezze iniziali e la mancanza di esperienza erano però colmate dallo spirito solidaristico che univa gli allora componenti dell’associazione, espressione di un modo di stare insieme e vivere rapporti umani basati sul rispetto e sulla condivisione degli stessi ideali. Tutto questo favorì la nascita di un gruppo affiatato, rimasto nella memoria dei militi di allora, come testimonia il ricordo di Giovanni Gnocchi: “la Pubblica Assistenza racchiude parte della mia vita, ci sono entrato a 26 anni e, nel complesso, posso dire che è stata un’esperienza positiva, anche se ci sono stati momenti belli e brutti. Ho avuto a che fare con molte persone e, col tempo, abbiamo imparato a collaborare. All’inizio, soprattutto nei primi dieci anni, c’era un forte spirito cameratesco, vedevamo l’associazione come un punto di riferimento e quando si usciva andavamo alla Pubblica, piuttosto che al bar. Eravamo un gruppo di amici che, legati da questa esperienza, si ritrovavano anche al di fuori della Croce Verde”.

Gli Anni Settanta segnarono la crescita dell’Assistenza Pubblica, rappresentando un periodo di incremento e miglioramento dei servizi offerti, nel tentativo di raggiungere un bacino di utenza sempr
e più vasto.
I primi cinque anni, infatti, contarono 100 mila chilometri percorsi (10 mila dei quali fuori provincia), 2200 persone trasportate, 500 interventi in incidenti ed infortuni sul lavoro e 1700 ricoveri per malattia.
A seguito di questa rapida crescita, nei primi mesi del 1971, i sessanta militi e gli oltre mille tesserati ricevettero la seconda autolettiga, una FIAT 125, acquistata con il contributo del Ministero della Sanità e fornita di radiotelefono collegato con la sede e con le altre Assistenze Pubbliche della provincia.
Come riporta la “Gazzetta di Parma” del 21 marzo del 1971 “nonostante il maltempo, è perfettamente riuscita la cerimonia dell’inaugurazione della nuova autolettiga della Croce verde di Fornovo, che ha visto così accrescere il suo parco a due automezzi, dopo soli cinque anni di attività. Veramente numerosa è stata la partecipazione di consorelle, fra le quali le sezioni della Assistenza pubblica di Parma, di Sestri Levante, Traversetolo, Salsomaggiore, La Spezia, Colorno, Spotorno, Prae Genovese, Torino, Prato, Nervi, Levanto, Sestri Ponente, Noceto, Busseto ed altre, nonché l’AVIS di Fornovo (…). Dopo la messa i convenuti si sono portati in piazza della Libertà (…), si è formato quindi un lungo corteo che ha proseguito lungo le principali vie cittadine, per deporre corone di alloro a monumenti e lapidi che ricordano i caduti in guerra ed il sacrificio delle forze di Liberazione, per poi raggiungere la chiesa parrocchiale, davanti alla porta della quale si è fermata la fiammante autolettiga, ricoperta dal tricolore. Il parroco Don Malpeli ha pronunciato commosse parole di circostanza e quindi ha impartito la benedizione dell’automezzo (…). La nuova autolettiga è costata 32 milioni e 400 mila lire (2 milioni dal Ministero della Sanità, la restante cifra mediante offerte di enti, associazioni e privati, ed il tesseramento)”.

LE DELEGAZIONI
Nel 1974, con l’istituzione delle delegazioni di Calestano e Solignano, si costituì l’Assistenza Pubblica “Croce Verde Fornovese” di Fornovo – Calestano – Solignano, che comportò l’emanazione di un nuovo statuto e di un nuovo regolamento per l’inquadramento dei militi delle tre sedi.
SOLIGNANO
Considerata la vastità del territorio, che comprendeva i comuni di Borgotaro, Berceto e Medesano e la mancanza di strutture similari a questa nei suddetti paesi, il consiglio direttivo dell’Assistenza Pubblica decise di ampliare la propria attività istituendo alcune delegazioni nei comuni vicini, per limitare al massimo il tempo di attesa e di intervento. In particolar modo, in un primo tempo, l’azione si concentrò nei comuni di Berceto e Calestano grazie soprattutto all’interessamento delle amministrazioni municipali e di alcuni volontari. A questo scopo furono promossi alcuni incontri con le popolazioni locali, per individuare possibili militi disposti a prestare la propria collaborazione. Per Berceto si decise di creare un servizio di pronto intervento a Ghiare, in quanto punto di incontro tra la statale di fondovalle, la provinciale per il capoluogo e l’Autocamionale della Cisa con il casello di Borgotaro. “A Ghiare di Berceto – interviene Enrico Coppi – abbiamo iniziato ad andare nel 1971-72, al momento dell’apertura del primo tronco dell’autostrada da Fornovo a Selva e poi da Berceto a Pontremoli, quando molto del traffico di allora passava nel centro di Ghiare. Ricordo che il presidente aveva preso questa decisione anche pressato dagli enti preposti, poiché c’era la necessità di attivare questo tipo di servizio”. La presenza dell’ambulanza della Croce Verde, una 142 fornita dal comune di Berceto, donata dagli emigranti e verniciata dai militi di Fornovo, si concentrava nei giorni di sabato e domenica. “La macchina era posizionata lungo la strada, – ricorda Pio Cavellini – mentre le chiamate arrivavano alla trattoria del paese, che si era resa disponibile quale nostro punto d’appoggio”.
Dopo qualche tempo, da Ghiare, si arretrò a Solignano dove, nel giugno del 1974, fu trovata un’adeguata sistemazione ai trentacinque volontari che per primi risposero all’appello. Come ricorda il milite di Solignano, Costante Dellapina, che iniziò prestando il suo servizio a Ghiare nel lontano 1972 “i volontari che svolgevano quel primo compito si sono poi iscritti a Solignano anzi, è proprio grazie a loro, che la nostra delegazione ha mosso i primi passi”.
Prima dell’inaugurazione dell’attuale sede messa a disposizione dal comune nel 1981, l’Assistenza Pubblica, per un breve periodo, continuò il servizio di pronto intervento nelle giornate di sabato e domenica nel piazzale del distributore del paese, per poi sistemarsi in una stanza presa in affitto, che diverrà punto di partenza per radicare la delegazione nel paese di Solignano.
Sono alcuni militi della delegazione a raccontarci quei primi anni e a trasmetterci l’entusiasmo di chi svolge questo servizio con continuità da almeno trent’anni.

Nella prima sede ha avuto inoltre inizio il servizio di guardia medica, proseguito fino alla metà degli Anni Ottanta, quando è stato soppresso e garantito prima da Berceto e poi da Fornovo. Con rammarico l’attuale responsabile della delegazione Luigi Pambianchi osserva che “quando c’era la guardia medica eravamo tutti più tranquilli, anche perché il territorio che dobbiamo coprire è vasto e in prevalenza montuoso quindi, soprattutto nei mesi invernali, i tempi di intervento si allungano notevolmente. Per fortuna oggi abbiamo in dotazione un’ambulanza 4X4, fornitaci dalla sede di Fornovo”. Nonostante la delegazione di Solignano sia una piccola realtà, fin da subito i suoi militi si sono impegnati per farla conoscere e renderla parte attiva del loro territorio. Fiore all’occhiello del gruppo ricreativo è da sempre l’ottantunenne militessa Ifigenia Vescovi che, con trasporto e passione, si fa portavoce della memoria dell’associazione. “Sono entrata nel 1975 e sono stata la prima donna a fare i viaggi di notte. Ho smesso di viaggiare a settant’anni e il mio unico rammarico è stato quello di non avere preso la patente. Ad oggi continuo a prestare con orgoglio la mia opera rispondendo al telefono, finché posso l’associazione non la voglio lasciare. Per me lo spirito del volontariato è anche aiutare l’Assistenza Pubblica, per questo motivo sono entrata nel comitato ricreativo, grazie al quale abbiamo organizzato molte feste che servivano per stimolare la popolazione, per farci conoscere e per far sentire che c’eravamo. Ricordo ancora la prima festa che abbiamo organizzato, era enorme e vi ha partecipato tutto il paese. Ma anche i militi erano eccezionali, tutti davano una mano, eravamo tutti uniti e compatti”.
Quello che emerge da queste testimonianze è il rapporto che si è creato nel tempo con la popolazione, “chi era presidente o milite – afferma Ermes Gandolfi – era conosciuto nella zona e, di conseguenza, considerato come uno di famiglia. L’Assistenza Pubblica non era solo un mezzo per trasportare i malati, ma era un servizio più sociale che medico. Non prestavi solo soccorso, eri visto come una persona fidata a cui spesso fare anche delle confidenze.
Allora forse non eravamo professionali come oggi, eravamo più alla buona ed anche la gente era più cordiale”. Anche per la delegazione di Solignano la preoccupazione di sempre rimane il reclutamento di militi, oggi ancora più di un tempo, poiché l’attuale organizzazione esige molte più persone per coprire i turni di servizio.

CALESTANO
Inizialmente era la piazza ad ospitare l’ambulanza dell’Assistenza Pubblica a Calestano mentre, in breve tempo, anche grazie ai corsi di pronto intervento organizzati con il supporto di medici specialistici, venne reperito un considerevole numero di volontari. Era il 1973 quando un piccolo gruppo di volontari calestanesi, ricorda il milite Vincenzo Bernardi, sostenuti dall’allora milite della Croce Verde fornovese Giovanni Gnocchi, iniziarono a svolgere un primo servizio in piazza Europa, il sabato e la domenica, usufruendo del telefono del vicino bar e di un’ambulanza prestata da Fornovo per queste due giornate. Come spiega Pio Cavellini “il contatto con Fornovo era costante e non erano rari gli interventi sul posto, si andò avanti così per circa un anno, finché venne aperta la sede con servizio diurno”. Nel marzo 1974 si costituì infatti la delegazione di Calestano, il cui servizio era svolto da militi volontari locali. La neonata associazione trovò, seppur per un breve periodo, la sua prima sede presso i locali della sala consigliare, messi a disposizione dal Comune di Calestano. “Dopo poco tempo – racconta il milite Roberto Bertani – ci siamo trasferiti in una stanza in affitto lungo il borgo, dove siamo rimasti fino alla costruzione della sede attuale, all’incirca nel 1978. Fu l’aumento dei servizi a richiedere questo definitivo spostamento nella casa A.V.I.S., seppur all’inizio avevamo solo due stanze, una per la guardia e una per i militi”. Grazie alla generosità del calestanese Alfredo Campanini nel 1974 l’Assistenza Pubblica poté inoltre disporre di una propria ambulanza alla quale nel 1978 si aggiunse il FIAT 238 MEC inviato da Fornovo. Calestano rispose velocemente alla richiesta di volontari, tanto da permettere la costituzione di un attivo gruppo ricreativo, che fin dai primi anni si impegnò nell’organizzazione di alcune feste volte alla promozione dell’associazione nel paese, nonché alla raccolta di fondi. Sono gli allora militi Bertani e Bernardi a ricordare l’attiva partecipazione a quelle feste anche dei militi di Fornovo, a testimonianza dei rapporti sempre amichevoli intercorsi tra le due realtà, “i dirigenti di allora venivano spesso a Calestano e ci spronavano ad andare nelle varie frazioni a reclutare nuovi militi. Senza dubbio siamo partiti favoriti, perché Fornovo già sapeva come funzionavano le cose e per questo ha dato una buona impostazione al nostro lavoro”.
Anche a Calestano il tesseramento si faceva casa per casa, come raccontato da Vincenzo Bernardi. “Avevamo delle squadre che il sabato e la domenica mattina si dividevano le varie zone del paese e le frazioni, la gente rispondeva piuttosto bene, anche perché il tesseramento inizialmente offriva la possibilità di usufruire dei trasporti gratuitamente”.
Nei primi anni, come già accadeva a Fornovo e Solignano, il servizio si articolava in tre turni dalle 8 alle 24, mentre per la notte funzionava in sede una segreteria telefonica che invitava a contattare di volta in volta il milite reperibile presso la sua abitazione.
Forte dell’esperienza acquisita, il 3 dicembre 1989, la delegazione di Calestano diventò autonoma tenendo in eredità dalla precedente collaborazione un’autoambulanza e gli arredi della sede.
L’attuale presidente di Calestano, Luciano Zanichelli, a questo proposito sottolinea: “possiamo ringraziare Fornovo per aver inaugurato il nostro percorso, che poi grazie ad alcuni è proseguito autonomamente e adesso siamo contenti dei risultati raggiunti”.

I SERVIZI: GUARDIA MEDICA – TRASPORTO DISABILI – DIALIZZATI
ai primi Anni Settanta un vanto dell’associazione fu quello di essere stati tra i primi ad attuare un servizio per il trasporto delle persone disabili. Ricorda Enrico Coppi, con un certo orgoglio, che alcuni militi avevano “trasformato”, nel garage di uno di loro, una delle ambulanze per adattarla alle esigenze degli utenti che accompagnavano al Don Gnocchi per fare terapia. Negli ultimi tempi, invece, il servizio si è potuto avvalere di un pulmino appositamente acquistato e attrezzato per il trasporto disabili.
Con la legge 833, del 23 dicembre 1978, lo Stato riconobbe esplicitamente la presenza ed il ruolo attivo delle Assistenze volontarie, dando valore alla partecipazione dei cittadini nella gestione della Salute Pubblica. Grazie a questa riforma sanitaria, nelle tre sedi della Croce Verde fornovese venne istituito il servizio di Guardia Medica. “Si tratta di un servizio che sostituisce il medico di base – chiarisce Giuseppe Ollari – attivo nelle ore notturne dalle 20 alle 8 e nei giorni prefestivi e festivi. La guardia medica è iniziata quando eravamo già nella sede dell’U.S.L., anche se in un primo periodo era l’Assistenza Pubblica a sostenere economicamente questo servizio. Una volta il medico usciva da solo, mentre ora c’è sempre un milite ad accompagnarlo in seguito alla richiesta dell’USL, che intendeva così tutelare le dottoresse dagli eventuali pericoli dei viaggi notturni e ovviare alla scarsa conoscenza del territorio da parte di medici provenienti da altre zone”. Sono le parole del Dott. Filippo Barbarese, attuale medico di base nel nostro territorio e già medico di guardia presso l’A.P., a riportarci con la memoria ai suoi anni di servizio. “Il periodo delle guardie mediche si ricorda sempre volentieri, è impossibile dimenticare quegli anni di «gavetta»che mi hanno visto impegnato quando ancora ero un novellino della medicina. I ricordi si accavallano, si confondono, ma non si cancellano. Facevo turni di 12 ore nei giorni feriali e arrivavo a 42 ore filate nei fine settimana. Sono stato affiancato da svariati militi, tutti molto validi, che mi hanno sempre aiutato, ma citarli tutti sarebbe impossibile, con queste persone ho vissuto un importante periodo della mia carriera. Durante il turno si passava il tempo a chiacchierare e poi se andava bene, raramente, si trascorreva il resto della serata a giocare a carte oppure, come più spesso accadeva, dovevo partire per andare a fare delle visite in posti anche molto lontani, momenti che non dimentico, anche se di pazienti ne abbiamo visitati molti, da semplici contusioni a gravi incidenti, ma di qualunque caso si trattasse io e i militi abbiamo agito con compattezza e impegno. Ecco perché, a mio parere, fare il volontario è un’esperienza molto costruttiva”.
Anche attraverso il racconto di un altro dei medici di guardia che prestava servizio nei primi Anni Ottanta, il Dott. Renato Maranca, è facile cogliere l’atmosfera che animava i primi anni di vita di un traguardo così importante per la cittadinanza e l’associazione. “Ripensare agli anni di servizio presso la Croce Verde fornovese è stato come un flash: immediatamente si è aperta una parentesi della mia vita, che va dal 1981-82 al 1985-86, che non ho mai dimenticato, ma ciò che più mi ha stupito è come certi ricordi della mente siano ritornati chiari e precisi rispettando una cronologia quasi perfetta in pochi istanti. È stata un’epoca vissuta in modo intenso, ricca di soddisfazioni morali e professionali e condivisa con tante persone che allora prestavano servizio. Sapevo che rinunciando a lavorare in Parma avrei avuto qualche disagio in più, ma a distanza di anni rifarei la stessa scelta professionale, perché ho lavorato in un ambiente in cui l’amicizia, la stima e il rispetto, l’amore verso il prossimo, la considerazione verso chi si impegnava nel lavoro a qualsiasi livello non erano mai state regole scritte, erano semplicemente dei modi di comportamento messi in pratica da ogni milite e militessa. Mai una volta ho sentito il peso del turno di lavoro, neppure quando facevo 66 ore filate, perché ogni milite che faceva servizio portava il suo patrimonio di pregi e difetti e le ore passavano serene. Ho conosciuto persone, tante, che dopo 8-10 ore di lavoro in salumificio, in officina, nelle fabbriche alle ore 20 venivano a «dormire» all’A. P. Al mattino smontavamo dal turno e poco importava se durante la notte eravamo usciti 3 o 4 volte a prendere il «caffè» alle ore 2 a Sivizzano, alle 3,30 a Riccò, alle 5 a Respiccio, ogni uscita avevamo solo l’imbarazzo di scegliere tra un incidente stradale, una rissa, un problema psichiatrico, una patologia cardiaca … e poi per fortuna non mancavano mai le telefonate ad ogni ora per avere consigli. Al mattino andavamo a lavorare, io in ospedale, gli amici militi ai posti di lavoro stanchi, ma non ho mai sentito nessuno lamentarsi, perché sapevano a giusta ragione, di avere fatto qualcosa di buono per il prossimo, erano loro stessi contenti e se qualcuno all’esterno non capiva ciò, pazienza, il non capire il senso di quei sacrifici era un problema di altri, non loro. Se non temessi di correre il rischio di cadere nell’errore di un’autobiografia, avrei da scrivere per ore, ma non è questo lo scopo attuale, ora vorrei ricordare alcuni episodi, che non riesco a dimenticare: la sparatoria di Rubbiano; le lezioni domenicali impartite nel salone ai gruppi di giovani motociclisti che cadevano sempre; come poi non ricordare l’aiuto autista che una domenica «bestiale», per emergenza è automaticamente passato autista (di necessità virtù) e mi ha portato con un paziente grave a Parma, ma tradito dall’emozione per poco ad Ozzano non investe in pieno i ciclisti di una gara, ancora abbiamo nelle orecchie i loro gioiosi saluti! Avendo scritto di getto queste righe, mi fermo, rifletto e cambio discorso, sicuro che i punti descritti stimoleranno la memoria dei militi più anziani che con me hanno vissuto e condiviso molte di queste esperienze. Nel 1986, per scelte professionali, ho lasciato l’A.P., con alcuni ci siamo in seguito visti e sentiti, ma ogni volta che transito davanti alla nuova sede, ripenso a quei periodi vissuti nella vecchia sede a fianco dell’attuale, con nostalgia, non solo per motivi anagrafici, ma perché sono stato bene in mezzo ad esseri umani generosi e che hanno voluto bene a me e alla mia famiglia, così come io ne ho voluto a loro. Ricordo tutti, di alcuni anche i nomi, che non cito volutamente per non rischiare di fare un torto a qualcuno, ma verso tutti è rimasto un sentimento profondo di gratitudine e quando casualmente ci incontriamo in città, pur con qualche capello in meno, qualche chilo in più e qualche tinta grigia in testa, ci abbracciamo e ci salutiamo con un’ intensità che non è venuta meno negli anni e io ho l’impressione di averli lasciati la settimana scorsa”.
All’inizio degli Anni Ottanta si attivò anche il trasporto dializzati che, dalle loro abitazioni venivano accompagnati al centro dialisi di Parma prima e, dal 1988, a quello di Medesano.
L’insieme di questi servizi contribuì inoltre ad incrementare le entrate finanziarie dell’associazione, permettendo una crescita ulteriore e significativa che condurrà al nuovo trasferimento di sede.

GLI ANNI OTTANTA
TERZA SEDE: USL
raccontare il trasferimento della sede nei locali messi a disposizione dall’Usl, per gli allora 110 militi dell’associazione, è Renato Varesi, vicepresidente della Croce Verde per oltre 10 anni. “Quando nacque l’idea di costruire l’Usl, ci invitarono in comune, poiché avevano stabilito di fornirci uno spazio per l’associazione. Ci mostrarono il progetto e da parte nostra segnalammo alcune modifiche, specie per l’ingresso delle autoambulanze. Quando però iniziarono i lavori, capii subito che il progetto non era stato cambiato e i garage erano troppo stretti per i nostri automezzi. Ho sempre tremato quando, per le manovre delle ambulanze, era necessario chiudere gli specchietti e gli autisti erano costretti a sporgersi, rischiando di lasciarci la testa … Non è mai successo niente, ma la litania continua agli autisti era “state attenti, state attenti!”.
Il trasferimento in questa nuova sede avvenne all’inizio del gennaio 1980, mentre l’inaugurazione ufficiale si svolse solo nel settembre 1981. Al suo interno aveva una sala ricreativa con la tv, un ufficio, una stanza con la radio e il telefono e una stanza con i letti. E’ qui che l’associazione inizia ad organizzarsi secondo quei criteri che la porteranno a raggiungere la fisionomia attuale.
Come si evince dalle pagine della “Gazzetta di Parma” di allora questo cambiamento di sede permise all’associazione di disporre di locali più idonei per un’attività che negli anni diventava sempre più ampia, ovviando anche ai problemi di spazio, che si erano presentati con l’attivazione del servizio di guardia medica festiva. Tra i vantaggi offerti dalla nuova collocazione si sottolinea anche la possibilità di avere “finalmente” il garage per le ambulanze, anche se “il loro ingresso sarà un po’ difficoltoso a causa delle porte non molto larghe”. Invariati risultano invece i numeri telefonici per chi avesse bisogno di un intervento: il 2394, oppure il 2745, ai quali fanno riferimento anche coloro che necessitano del recente servizio di guardia medica.

Per cominciare la prima novità riguardò i turni di servizio che vennero distribuiti in modo tale da coprire le ventiquattro ore: mattino dalle 7 alle 13, pomeriggio dalle 13 alle 20, sera dalle 20 alle 24 e notte dalle 24 alle 7, come tuttora avviene.
Giovanni Gnocchi ricorda infatti che “il servizio notturno partì nella sede dell’ U.S.L., dove fu creato il primo dormitorio. Per ogni squadra si garantivano due ambulanze di giorno e una di notte. La notte si rimaneva in due o tre, con uno che riceveva le telefonate. Il medico inizialmente operava per conto suo, mentre noi gli garantivamo una stanza per dormire e una per le visite”.
Da un’analisi dei documenti di allora emerge chiaramente come ancora le difficoltà più rilevanti nella conduzione del servizio fossero da riferirsi al reperimento dei militi necessari per coprire i turni del mattino e del pomeriggio. È comunque da rilevare l’importante apporto, in queste fasce orarie, che proveniva dalla presenza delle ormai numerose militesse, che assicuravano la loro presenza in sede.
Negli Anni Ottanta, a sottolineare l’impegno dei militi e dei dirigenti nel far crescere l’associazione, vale poi la pena di ricordare che Fornovo ebbe, come ricorda l’interessato, un consigliere nazionale nella persona di Enrico Coppi. “Il consiglio delle Pubbliche designò un membro dell’ A. P. di Fornovo al ruolo di consigliere nazionale dell’A.N.P.A.S. Questa esperienza durò quattro anni, ma io non mi sentivo portato per quel ruolo, poiché mi interessavano i problemi della gente e invece là c’era già un’ organizzazione a livello nazionale”.
Sebbene la sede di via Solferino continuava ad essere attiva e a svolgere il suo servizio per tutti i cittadini, solo nella giornata del 6 settembre 1981 vide la sua inaugurazione ufficiale, in occasione di una cerimonia più ampia durante la quale furono premiati i militi, inaugurate due ambulanze e la nuova sede di Solignano. All’appuntamento intervennero numerose consorelle giunte non solo dall’Emilia Romagna, ma anche da Lombardia, Toscana e Liguria. Dopo la sfilata del corteo per le vie del paese, la benedizione della nuova ambulanza e della sede nei locali dell’U.S.L., il presidente Enrico Coppi, come riportato dalle cronache di allora, rivolse ai presenti un caloroso invito ad aderire all’ente per migliorarne il servizio, sottolineando il lavoro svolto dai militi nel quadriennio 1977-1980, con particolare riguardo alla presenza del Gruppo di Emergenza e Soccorso dell’A.P. Le capacità di quei militi erano il frutto anche dell’attenzione riposta nella loro formazione. Renato Varesi ricorda che, proprio in quegli anni, si decise di organizzare un corso con alcuni medici di Parma alla conclusione del quale il superamento di un esame a quiz permetteva ai militi di ricevere un tesserino che serviva per qualificarli quali esperti in pronto soccorso.
Tra i vari problemi che i militi della Croce Verde, in questi anni, si videro costretti ad affrontare nello svolgimento del servizio, c’era quello dei viaggi a vuoto. Infatti, soprattutto nei mesi estivi, si ricevevano chiamate per interventi in località lontane dalla sede che puntualmente si verificavano fasulle. A questo proposito, come ricorda Giuseppe Tanzi, fu fondamentale l’adozione del primo ponte radio che permise, con l’installazione di un antenna sulle case adiacenti la nuova sede, di coprire tutto il territorio. “È stato un grande passo avanti che ci ha semplificato il lavoro anche per il problema delle riprovevoli chiamate a vuoto, poiché ci permetteva di verificare se la chiamata fosse falsa ed eventualmente di richiamare subito indietro il mezzo”.

6 settembre 1981. Inaugurazione della sede di via Solferino.

6 settembre 1981. Inaugurazione della sede di via Solferino.

LA NUOVA SEDE
a costante crescita dell’associazione nel corso degli Anni Ottanta portò all’esigenza di incrementare le risorse economiche che, fino ad allora, si basavano quasi esclusivamente sulle quote sociali dei sostenitori e sulla beneficenza dei privati e degli enti pubblici. Per queste ragioni, nel 1983, si decise di iniziare una collaborazione con l’Ospedale di Parma, l’U.S.L. n. 4, che consisteva nell’effettuare trasporti, remunerati da quest’ultima, sia in provincia che fuori. Il Comandante di quegli anni, Gabriella Filippelli, ricorda che “quando iniziarono i viaggi fuori provincia per conto della Centrale operativa arrivavano chiamate ogni giorno, a volte anche più di una. Mattino e pomeriggio si facevano trasporti di questo tipo, anche con più pazienti contemporaneamente. Se siamo riusciti a svolgere al meglio questo impegnativo servizio, il merito è soprattutto di quei militi che, alternandosi nell’adempimento di questo compito, hanno permesso all’associazione di trovare i soldi necessari per la costruzione di una sede autonoma”. Anche in virtù dell’attuazione di questo nuovo servizio, nel 1985, furono acquistati due FIAT Ducato, uno per Fornovo e uno per Calestano. Fu soprattutto grazie all’impegno dei militi, che non si risparmiarono, che questo sforzo si poté compiere e permettere all’associazione di iniziare a mettere insieme il capitale necessario per poter finalmente ingrandire il proprio parco macchine e pensare alla costruzione di una sede propria, che evitasse i continui traslochi.

Grazie alle entrate che raggiunsero una certa consistenza, la Croce Verde poté assumersi l’impegno per la costruzione dei nuovi locali, individuandone la collocazione nel terreno adiacente la sede di via Solferino, in seguito concesso all’associazione dal Comune di Fornovo di Taro nell’agosto del 1985.
“La costruzione della sede l’abbiamo decisa una sera, mentre eravamo in riunione. Era circa mezzanotte e mi ricordo che siamo usciti fuori e io ho contato i passi per vedere se ci sarebbe stata, poiché alcuni sostenevano che non c’era sufficiente spazio”. Con queste parole Renato Varesi ritorna a quei momenti quando, la decisione dell’associazione di sostenere un tale onere, provocò delle comprensibili perplessità in alcuni degli allora consiglieri, che ritenevano rischioso assumersi una simile responsabilità.
Va riconosciuto agli stessi volontari, infatti, di aver sostenuto un significativo sforzo materiale ed economico nella realizzazione della sede, oltre all’impegno che quotidianamente svolgono a favore di coloro che ne hanno bisogno. Non va inoltre dimenticato chi ha aiutato i militi a coronare il loro sogno: l’amministrazione comunale di allora, la Cassa di Risparmio, l’impresa Bruno Piazza, il progettista Ing. Giovanni Galeazzi, i soci garanti ed ogni singolo cittadino che spontaneamente ha offerto il suo contributo. La realizzazione di questa struttura ha finalmente permesso di disporre di uno spazio adeguato ad esigenze costantemente in aumento, offrendo ai militi un ampio garage con annesso magazzino e lavaggio vetture, una sala ricreativa ed una biliardo, cucina, corpo comando, centralino, sala tv, ambulatorio con camera per il medico di guardia, una sala riunioni, tre camere per i militi e tre uffici.

19 giugno 1988. Inaugurazione della nuova sede.

19 giugno 1988. Inaugurazione della nuova sede.

 

GLI ANNI NOVANTA
li Anni Novanta iniziarono, per l’Assistenza Pubblica, sotto il segno della piena affermazione ed efficienza, nonché del continuo incremento di risorse. I militi sono in continuo aumento, sebbene qualsiasi nuova adesione rappresenti un tassello importante nell’accrescimento delle forze disponibili. A questo fine l’associazione prosegue nell’impegno di farsi conoscere, soprattutto tra i giovani, per inculcare loro il senso del volontariato e garantirsi, nel tempo, la presenza delle nuove generazioni quali incremento al gruppo storico dei fondatori. Sono le scuole a ritrovarsi protagoniste di progetti per l’educazione alla sicurezza, attraverso incontri per mettere in luce gli intenti dell’associazione. Le iniziative realizzate da gruppi di militi hanno tuttora lo scopo di portare nelle scuole la propria esperienza e far conoscere ai giovani il valore di questo servizio.

Dall’inaugurazione della nuova sede nel 1988 la crescita dell’associazione è stata repentina, sia nel numero dei suoi militi che nell’organizzazione interna. Questo comportò un cambiamento anche nella percezione dell’Assistenza Pubblica da parte della popolazione, divenendo questa parte integrante del tessuto sociale. I tanti progressi compiuti nell’arco di pochi anni portarono, però, in chi la vide nascere, un velo di nostalgia per un periodo in cui, seppur con pochi mezzi, si era cercato di unire le proprie forze per raggiungere un obiettivo comune. Sono le parole di Giuseppe Tanzi, attraverso un simpatico paragone, a descrivere queste sensazioni “come Peppone e Don Camillo, i due, seppur divisi, si univano nel momento del bisogno e questo, per me, dovrebbe essere il modo di vedere l’associazione”.
I tempi moderni impongono, però, ai nuovi militi e dirigenti di guardare avanti, supportati in questo dal consistente numero di servizi. “La Croce Verde fornovese – come racconta infatti Gabriella Filippelli – è molto attiva: Autocamionale della Cisa, Autodromo di Varano de’ Melegari, incidenti stradali e sul lavoro, trasporto dializzati, servizi ordinari e sportivi impegnano giorno e notte i volontari”.
Nel 1991, inoltre, ad ulteriore conferma della maturità raggiunta dall’A.P., le venne riconosciuta, da parte del Presidente della Regione Emilia Romagna, la personalità giuridica, alla quale seguì l’approvazione di un nuovo statuto.
All’inizio degli Anni Novanta il parco macchine, ormai costantemente arricchito e aggiornato, è formato da un’ambulanza attrezzata da rianimazione, un fuoristrada 4×4, tre FIAT Ducato per urgenze e viaggi ordinari, un pulmino per servizi speciali e una macchina adibita al trasporto cadaveri, ai quali si aggiungono un FIAT Ducato e un’ambulanza 4×4 dislocati nella delegazione di Solignano. Oltre al significativo incremento nel numero dei mezzi disponibili, anche la loro dotazione interna subisce nel corso degli anni fondamentali migliorie facilitando così il compito dei volontari. Come racconta un milite di allora Lucio Bertucci, infatti,“tra tutte le trasformazioni tecniche che si sono susseguite, ricordo molto chiaramente il passaggio dalle barelle di un tempo, pesanti e difficoltose da trasportare, a quelle più recenti, molto più maneggevoli. La differenza rispetto ad oggi emerge anche nella loro collocazione sulle ambulanze, infatti si è passati dalle prime autolettighe che potevano trasportare fino a due barelle contemporaneamente a quelle attuali monoposto”.

Di pari passo con il progresso tecnologico in dotazione ai mezzi, anche alla preparazione dei militi venne dedicata, in questi anni, un’attenzione particolare. In collaborazione con i medici del Pronto Soccorso di Parma, vennero infatti organizzati corsi di aggiornamento sulle tecniche di pronto intervento. Nel corso degli anni, infatti, maturò la consapevolezza del ruolo svolto dal soccorritore, sia esso un medico, un autista d’ambulanza o un volontario, per i quali è di fondamentale importanza un aggiornamento continuo, per mantenere vive le abilità e la conoscenza dei mezzi e delle tecniche utilizzate durante i soccorsi. Anche le diverse mansioni svolte dagli operatori iniziarono ad essere distinte, per aumentare ulteriormente l’efficienza dei soccorsi, affinché fosse subito chiaro chi fosse il leader dell’equipaggio, ossia il milite più esperto.
Fu all’inizio degli Anni Novanta che l’associazione festeggiò il primo traguardo importante della sua storia: il 25° Anniversario di fondazione, che permise di fare un bilancio degli anni trascorsi. A questo scopo venne pubblicato l’opuscolo “La Croce Verde si tinge d’argento”, dalle cui pagine si leggono le seguenti parole dell’allora Presidente Enrico Coppi. “Abbiamo saputo raccogliere l’iniziativa di coloro che ci hanno preceduto adeguando la nostra solidarietà con strutture sempre più rispondenti alle esigenze della nostra società. (…) Un mio ringraziamento va ai militi che, con la loro disponibilità e il loro impegno costante hanno dato e danno un contributo indispensabile. I livelli di organizzazione raggiunti e dimostrati in questi 25 anni di vita devono essere di stimolo a tutti i cittadini nel partecipare e sostenere questa associazione il cui unico scopo è quello umanitario e di solidarietà”. Dello stesso tono le considerazioni di Gabriella Filippelli che sostiene “ho avuto la fortuna di trattare con persone che mai mi hanno fatto mancare la loro collaborazione, con persone che hanno volentieri messo a disposizione dell’Assistenza Pubblica buona parte del loro tempo libero, per consentire alle ambulanze di intervenire con urgenza sul posto di chiamata”.

Tra le novità importanti di questi anni ci fu l’avvento del 118: un passo decisivo verso un’organizzazione dell’emergenza in grado di rendere il soccorso e l’intervento i più efficienti possibili. Già la costituzione, nel 1996, di equipaggi medicalizzati operativi sui Centri mobili di rianimazione, aveva in sé lo scopo di creare un polo di emergenza medica che potesse trovare uno spazio operativo all’interno del soccorso coordinato con il 118, l’elisoccorso e le strutture ospedaliere della provincia. Disattivare il numero storico della Croce Verde, attivo per oltre trent’anni, non fu semplice, poiché in molti continuarono ad usare quel numero, divenuto nel tempo un punto di riferimento insieme all’associazione e per questo servì un periodo di transizione di circa sei mesi per abbandonare definitivamente il 2394 in favore del 118. La centrale operativa 118 – PARMA SOCCORSO è certamente in grado di fornire l’assistenza tecnico sanitaria e garantire il rapido afflusso dei mezzi di emergenza necessari per l’intervento, determinando, nel tempo, una qualità del servizio sempre maggiore che ha fugato ogni dubbio in coloro che avevano sostenuto questa necessità.
Per consolidare questo percorso, iniziato con l’istituzione del servizio medico operativo presso la sede dell’Assistenza Pubblica e proseguito con l’adesione alla centrale operativa 118, il Consiglio direttivo in carica nel 1999 decise di compiere un ulteriore passo in avanti, anche grazie al sostegno dei volontari. Nel maggio di quell’anno, infatti, fu istituito un punto di automedica diurno, di cui l’associazione si accollò l’organizzazione e i costi. I sacrifici che portarono alla costituzione di questo servizio, si intuiscono anche dalle parole della Dott.ssa Alessandra Salvadori, oggi, proprio per l’impegno profuso in quella circostanza, socio benemerito dell’associazione. “In realtà sono arrivata quando la situazione era già stata creata, già programmata da altre persone. Ricordo di aver dovuto organizzare tutto in un tempo brevissimo. È stato un compito piuttosto impegnativo, quando smettevo il mio servizio in ospedale, ho dovuto anche, per un certo periodo, affiancare il personale medico e addestrarlo. Al di là delle oggettive difficoltà, ho però collaborato benissimo avendo avuto la fortuna di incontrare persone con tanta voglia di imparare. Dell’A.P. di Fornovo ricordo un bell’ambiente, stimolante, con tante persone giovani e motivate. Mi è dispiaciuto molto lasciarli”

L’istituzione del servizio di automedica implicò, da un punto di vista organizzativo, un aumento del numero di volontari, necessari per coprire le emergenze e un impegno economico, da parte dell’amministrazione, per remunerare i medici, nonché uno sforzo organizzativo da parte del direttore sanitario Dott. Federico Buzzi, che garantiva la continuità del servizio assumendosene la responsabilità.
Questo progetto nacque da una convenzione, stipulata tra Assistenza Pubblica, Amministrazioni comunali e aziende U.S.L., che coinvolgeva, oltre a Fornovo Taro, i comuni di Medesano, Solignano, Varano de’ Melegari, Bardi, Berceto, Bore, Pellegrino, Terenzo, Valmozzola e Varsi. Il servizio di emergenza/urgenza venne quindi gestito dalla Croce Verde fornovese, dalle 8 alle 20, attrezzata con una FIAT Tempra, messa a disposizione grazie alla generosità di alcuni sponsor e al contributo dei comuni interessati.
Per le popolazioni del territorio questo mezzo è diventato, nel tempo, un importante supporto, potendo contare, nei casi di urgenza, sulla presenza costante di un medico specializzato. Anche per i militi della Croce Verde, avere come sostegno personale qualificato e mezzi adeguati, significa migliorare ulteriormente sia in termini di sicurezza che di efficienza negli interventi.

 

I GIORNI NOSTRI

Dopo aver ripercorso quarant’anni di storia della Croce Verde fornovese è ora il momento di avvicinarci al presente, per scoprire com’è oggi l’associazione, quali traguardi ha raggiunto e a quali risultati l’ha condotta il suo lungo cammino. Non è semplice riassumere in poche righe gli avvenimenti di questi ultimi anni, la loro vicinanza temporale, infatti, ancora non permette di storicizzarli e di farne un racconto distaccato, come invece è accaduto per le vicende passate che il tempo ha ricoperto di una vena nostalgica.
Quello che emerge, anche nell’ultimo periodo, è l’importanza che la nostra Pubblica Assistenza riveste per il suo territorio, con gli oltre 12 mila abitanti assistiti e una superficie di 336 kmq, è infatti l’associazione di soccorso che copre la più vasta area di intervento, tra quella della provincia. Dislocata nelle vicinanze del casello autostradale dell’A15 e alla confluenza delle valli del Taro e del Ceno, essa svolge un servizio indispensabile, ricoprendo una funzione strategica. Al fine di poter adempiere al meglio a queste necessità, l’associazione si è impegnata, in questi anni, nel garantire una costante presenza operativa, consolidando la formazione dei propri volontari e perfezionando costantemente gli interventi effettuati sulle ambulanze e sull’automedica, a fianco di medici anestesisti e rianimatori. Nel novembre del 2000 la Croce Verde, a testimonianza anche della dimensione svolta dal proprio servizio, che copre il territorio dei comuni di Fornovo Taro, Solignano, Varano Melegari, Valmozzola e parte dei territori amministrativi di Terenzo, Medesano e Berceto, ha inaugurato una nuova autoambulanza, attrezzata per l’emergenza a supporto dell’automedica, proprio a Varano Melegari.

Nel 2000 l’associazione contava 320 volontari, 11 obiettori di coscienza, sette ambulanze, un’automedica, due mezzi speciali e un mezzo per il servizio di guardia medica. Novecento sono stati i servizi effettuati per urgenze, duecento gli interventi dell’automedica, mentre 3.100 viaggi si sono svolti per dialisi, viaggi ordinari e sportivi, per un totale di 240 mila chilometri percorsi. Questi dati sono il segno di un’associazione che è cresciuta nel tempo, che riesce ad offrire al proprio territorio un prezioso sevizio di assistenza.

Le nuove autorimesse.

Le nuove autorimesse.

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